La Montagna più Alta

Determinazione, coraggio e forza di volontà sono i valori con i quali è cresciuta Nicolle Boroni protagonista di questa intervista. Una donna coraggiosa che a soli 4 anni ha visto cambiare la sua vita. La sua passione per la montagna, per lo sci, per l’arrampicata l’ha sempre motivata aiutandola a superare i momenti più difficili.
Share: Facebook Twitter Linkedin

“La montagna più alta rimane sempre dentro di noi”. Walter Bonatti, prima ancora di essere un grande esploratore del mondo esteriore, era un’instancabile ricercatore dell’animo umano. Ed è proprio qui, sulle falesie interiori, che si allenano le persone più interessanti, quelle capaci di stimolare chi le incontra. Nicolle Boroni è sicuramente tra queste. La ventinovenne trentina, dopo un tragico evento accadutole in tenera età, è riuscita a scalare la propria montagna interiore riconquistando la libertà verso sé stessa e togliendo agli altri la facoltà di decidere per lei i propri limiti.

Nicolle, quando è iniziata la tua passione per la montagna e l’arrampicata?

Vivendo qui in Trentino, con questo ben di Dio che ci circonda, andare in montagna e fare sport ad essa correlati è uno dei principali modi di intrattenimento. In realtà l’arrampicata non mi è mai interessata, quando ero piccola facevo sci alpino.

Poi cos’è successo?

Poi è successo che a 4 anni, tornata dall’allenamento, assieme a mio fratello abbiamo deciso di preparare degli hamburger nella macelleria dei miei genitori. Un pezzettino di carne si è incastrato nel tritacarne e nel spingerlo giù mi ha preso dentro la mano. Sono andata all'ospedale ed è partita tutta la parte della riabilitazione e ho iniziato a indossare la prima protesi.

Quando hai deciso di toglierla?

Alle elementari mi ricordo chiaramente che giocare con i bambini era un po' impegnativo perché la protesi pesava un quintale e ogni volta che mi muovevo rischiavo di spaccare il naso a qualcuno. Allora in classe me la toglievo e da lì ho iniziato a vivere completamente senza. La mettevo solo per andare a sciare perché comunque, nonostante fossi piccolina, non mi andava di far vedere che ero diversa dagli altri. Poi sono arrivate le superiori e ho fatto un anno di ragioneria, ma a scuola non c'ero quasi mai perché ero sempre impegnata in gare e allenamenti. I miei genitori quindi mi hanno proposto di fare il liceo scientifico di montagna. Mi sembrava una buona idea ma quando sono andata a parlare con il professore mi ha detto che senza una mano non potevo arrampicare e di conseguenza al secondo anno avrebbero dovuto bocciarmi. Quindi gli sembrava inutile che andassi a fare quell’indirizzo.

Arrampicata sportivaArrampicata sportiva
N. Boroni alle Cinque TorriN. Boroni alle Cinque Torri
Nicolle Boroni - RitrattoNicolle Boroni - Ritratto

Non il tipo di risposta che si vorrebbe sentire…

A 16 anni l'ultima cosa che vuoi sentirti dire è che tu non puoi fare questo o quello. Quindi non avendo mai arrampicato prima ho pensato che se ha detto che non si può non si può e basta. L’anno successivo, le ragazze che sciavano con me e che erano entrate in questo indirizzo, hanno iniziato a dirmi di andare ad arrampicare con loro e da lì ho iniziato. Adesso praticamente faccio gli stessi gradi che fanno alcune di loro quindi avrei potuto benissimo intraprendere quell’indirizzo. Così è nato un po' un riscatto personale nel dire ok, se posso arrampicare perché non dedicarci più tempo? E da lì è diventata una passione che vivo anche come una sfida con me stessa.

Come quella che quest’anno, con il progetto BrentaOpen, ti ha fatto scalare il Campanil Basso.

Si, è stata anche una dimostrazione nei miei confronti che forse nella vita ci facciamo dire troppe volte cosa possiamo e non possiamo fare senza dire “aspetta un attimo che decido io quello che posso e non posso fare in base alle mie potenzialità”.

Quanto è stato lungo e complicato Il sentiero dell’accettazione per te?

Sicuramente in una società come la nostra è un processo che richiede tantissimo impegno da diversi punti di vista. Quando ero piccola non me ne rendevo conto. Poi sono arrivati gli anni dell’adolescenza dove l'aspetto fisico è uno degli aspetti più considerati e lì chiaramente mi coprivo in qualsiasi modo, cercavo sempre degli escamotage quando mi presentavo a qualcuno per non far vedere che ero senza mano. Una volta avevo trovato dei vecchi articoli di giornale di quando era successo l'incidente e mi ricordo che c'era un pezzettino di intervista fatta a mio nonno. Lui diceva che il problema non sarebbe stato tanto all’inizio ma quando effettivamente mi sarei resa conto che mi mancava un pezzo. Lui aveva già visto che il problema sarebbe stato quando, confrontandomi con altre ragazze mi sarei resa conto di essere diversa. Poi finite le superiori ho iniziato a lavorare e ho fatto qualche viaggio di volontariato, sono stata in Ecuador in Africa. Lì mi sono resa veramente conto che effettivamente c'erano delle persone che avevano delle mancanze che nessuno avrebbe mai potuto colmare. A loro mancavano i genitori, l'affetto di una persona, l'istruzione, il cibo la sera, quindi li ho iniziato a pensare che a me, tirando le somme, che cos'è che mi manca? Un pezzo che non mi vieta di vivere la mia vita mentre le loro mancanze non sono così facili da superare. Quindi da lì, con il supporto di una psicoterapeuta, ho iniziato a fare un viaggio interiore e ho capito che forse, nonostante me la vivessi serenamente, il fatto che tenessi nascosta la mano significava che non l'avevo ancora accettato del tutto. Vedendo queste cose ho iniziato a razionalizzare pezzetto dopo pezzetto fino a quando finalmente sono emersa io per come sono senza più dovermi nascondere.

Quindi un percorso fatto da più componenti.

Si, grazie all'arrampicata ho iniziato a comprendere quali fossero i miei limiti; attraverso il percorso con la psicoterapeuta a capire che dovevo iniziare ad amarmi così come ero; con l’esperienza di volontariato a riconoscere che comunque sono una persona fortunatissima. Mettendo insieme tutti questi elementi sono arrivata oggi ad essere estremamente felice.

La montagna in questo processo di accettazione che ruolo ha avuto?

Per me la montagna è l'elemento principale, quasi quotidiano della mia vita. Io credo che in montagna ci siano dei limiti che sono uguali per tutti. Se io e te andiamo in montagna e facciamo un sentiero la radice la trovo io come la trovi tu, quando vai ad arrampicare il grado è quello e ognuno di noi lo affronta nella propria maniera. Credo che la montagna lasci la possibilità a ognuno di noi di viverla nel proprio modo. Ha un ruolo rilevante perché è lì che i miei limiti e le mie potenzialità sono uscite.

N. Boroni in pareteN. Boroni in parete

Quali sono i tuoi limiti?

Io non penso che non esistano limiti, penso che non esistano limiti imposti da altri. Io sicuramente ho i miei, magari devo ancora scoprirli ma ci sono. L’elemento chiave è capire che siamo noi che dobbiamo riconoscerli, che dobbiamo capirli e accettarli a un certo punto. Non penso che ci siano persone senza limiti. Parlo del limite massimo e per me era non arrampicare ma poi l’ho superato. Questo professore considerava il fatto che fossi senza una mano come un limite insuperabile, probabilmente perché non aveva mai visto una persona arrampicare. Però non sono né la prima né l'ultima. Adesso ci sono ragazze fortissime che vanno alle paralimpiadi quindi basta avere un po' di buona volontà, voglia di mettersi in discussione e la maturità per capire che se ti metti in gioco su una cosa così sai che puoi cadere ma devi anche sapere che ti devi rialzare. Non è che puoi dire vabbè vado, sicuramente andrà tutto benissimo e scalerò il Campanil Basso e sarò la migliore di tutte, no. Vado, magari a metà dovrò fermarmi, ma questo non farà sì che arrivo a casa e non andrò mai più in montagna. Semplicemente significherà che la prossima volta dovrò essere un po' più allenata e andare con un'altra consapevolezza. 

Un proverbio spagnolo dice che “no hay mal que por bien no venga”, non c’è situazione negativa che non porti con sé anche dei risvolti positivi. Vale anche per te?

La cosa positiva che sono riuscita a ricavare è il fatto che mi sono resa conto che in un modo o nell’altro riesco, attraverso i social o raccontando quando possibile la mia storia, a trasmettere qualcosa alle persone. In tante mi scrivono e mi dicono “grazie alla tua storia sono riuscito a fare questo”, “ogni volta che sono in parete e penso a te trovo la forza di spingermi ancora oltre”. Per me la più grande soddisfazione è stata la libertà verso me stessa e poi in qualche modo spero sempre di essere di stimolo per qualcuno.

Su Instagram hai molto seguito. Che rapporto hai con i social?

Penso che se i Social venissero utilizzati in maniera più intelligente e non solo per ostentare ricchezza e beatitudine secondo me si riuscirebbe veramente a fare un bel lavoro soprattutto sugli adolescenti. Una cosa incredibile che non mi aspettavo è che ci sono tantissime ragazze che sono nella mia stessa situazione. Magari non sono senza una mano ma hanno un deficit fisico o magari si sentono un po' in difetto interiormente e quindi mi scrivono. Non c'è regalo più grande per me se in qualche modo riesco, anche solo per dieci secondi, a dare loro la possibilità di pensare che un giorno potranno essere loro stesse a non preoccuparsi di quello che la gente pensa o di quello che vuole che loro siano. Anche l’altro giorno mi ha scritto una ragazza che mi ha chiesto come faccio ad allacciarmi le scarpe e se le potevo mandare un video.

Un aiuto per gli altri e per te stessa…

Mi piace pensare che se qualche anno fa avessi incontrato la me di oggi e mi avesse detto “guarda che nel momento in cui inizierai ad accettarti ad amarti la tua vita cambierà totalmente” forse il mio cambiamento sarebbe partito un pochettino prima e in maniera un po' più consapevole. Adesso è arrivato a seguito di un percorso che ha messo un tassello insieme all'altro formando un quadro completo.

Autore
Amos Sandri
Amos Sandri
Scrittore
Nato nel 1989 in Valsugana, vive sulle pendici del Lagorai dove unisce la passione per la scrittura e la montagna. Tra una vetta e l’altra collabora con riviste e aziende del settore outdoor
Iscriviti alla nostra NEWSLETTER e ottieni
ACCESSO al nostro OUTLET SEGRETO
whatsapp