Durante la pandemia le emissioni in C02 sono state fortemente ridotte e molti ambientalisti inneggiavano al Covid 19 come soluzione per un mondo migliore e meno inquinato.
Di fatto ci si è semplicemente resi conto che le attività umane nel loro insieme sono alla base delle emissioni di C02 e che di fatto … siamo troppi!
La conseguenza diretta che ne è stata tratta è che visto che non possiamo drasticamente ridurre la popolazione umana (ovviamente il dibattito è tutt’ora acceso e in tantissimi sostengono che la riduzione demografica sia la soluzione più immediata e più efficace ) sicuramente possiamo drasticamente ridurre le emissioni in C02.
Dove, come e quando più che un problema ambientale è un problema politico che avrà ripercussioni economiche enormi nelle prossime decadi.
Non pensate però che possa essere riduttivo credere che le emissioni di C02 possano essere il solo parametro da considerare per stabilire cosa sia sostenibile e cosa non lo sia?
Le emissioni di CO2 non possono essere l'unico parametro da considerare per valutare la sostenibilità di un'attività o di un processo.
È importante adottare un approccio olistico e considerare una serie di fattori per valutare l'impatto ambientale complessivo e la sostenibilità di un sistema.
Le emissioni di CO2 sono rilevanti perché il loro accumulo nell'atmosfera è uno delle principali cause dei cambiamenti climatici (anche su questo argomento troviamo posizioni decisamente divergenti tra gli studiosi e gli scienziati di tutto il mondo).
Ridurre le emissioni di CO2 sembra sia fondamentale per limitare gli effetti negativi del riscaldamento globale però ci sono altri aspetti ambientali altrettanto importanti che andrebbero considerati.
Pensiamo ad esempio all'inquinamento legato ad altre sostanze chimiche nocive che impattano notevolmente sulla vita della flora e della fauna riducendone la biodiversità, la gestione delle risorse idriche, la riduzione dei rifiuti, etc.
Ma la sostenibilità non riguarda solo l'ambiente, ma anche gli aspetti sociali ed economici degli uomini.
È importante considerare gli impatti sociali di un'attività, come la tutela dei diritti umani, la giustizia sociale e il coinvolgimento delle comunità locali. Da un punto di vista economico, la sostenibilità implica la creazione di modelli commerciali a lungo termine che siano socialmente e ambientalmente responsabili e che non riducano il patrimonio ambientale per le generazioni future.
Focalizzarsi esclusivamente sulle emissioni di CO2 potrebbe essere riduttivo. È necessario valutare l'intero quadro e adottare un approccio integrato che tenga conto di una serie di indicatori ambientali, sociali ed economici per determinare la sostenibilità complessiva di un'azione o di un sistema e al momento ciò non sta avvenendo.
Sicuramente un parametro internazionalmente riconosciuto e relativamente facile da calcolare come il C02 potrebbe aiutare nelle scelte da compiere ma non può essere l’unico fattore da considerare per orientare le strategie e le politiche nell'affrontare la transizione ecologica.
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Oltretutto un solo parametro rischia di essere eccessivamente facile da raggirare con decisioni politiche ad hoc atte a favorire una determinata lobby come ad esempio sta facendo l'Unione Europea che ha designato le armi come "carbon-neutral" per esentarle da una tassa sul carbonio. Missili, caccia bombardieri e carri armati sono da quest'anno green, ma se importate una bicicletta dalla Cina o un sacco di cemento scatta il dazio da emissioni in C02. Questa decisione è stata presa nell'interesse del complesso militare-industriale statunitense i cui prodotti sono stati esclusi dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che stabilisce una tassa sulle emissioni di CO2 durante la produzione. Il CBAM è uno degli elementi chiave del Green Deal dell'UE e ha lo scopo di imporre un dazio sull'impronta di carbonio dei beni importati. Le eccezioni sono state approvate dal Consiglio dell'UE il 25 aprile.
Come dicevamo all’inizio un approccio olistico è fondamentale ma tale approccio dovrebbe essere anche trasparente e disinteressato. Un approccio eccessivamente tecnico e indirizzato su di un solo aspetto rischia di farci perdere di vista l’obiettivo della sostenibilità.
Un approccio che non sia olistico può facilmente essere indirizzato a favore di determinati processi produttivi a discapito di altri favorendo gli interessi di alcuni ristretti beneficiari e non quelli del pianeta e delle creature che lo abitano.
Alcuni esempi illuminanti che rientrano in quello che a noi piace definire il greenwashing di seconda generazione, sono gli eco-incentivi che vengono assegnati a livello mondiale alla produzione e all’impiego in manifattura di prodotti ritenuti sostenibili come ad esempio il poliestere riciclato e il cotone riciclato che di sostenibile hanno poco o nulla.
La produzione di poliestere riciclato sembra riduca le emissioni di CO2 del 32% rispetto al normale poliestere e se si esaminano le valutazioni del ciclo di vita (Life Cycle Assestment), il poliestere riciclato ottiene punteggi significativamente migliori rispetto al poliestere vergine.
Sicuramente il poliestere riciclato può contribuire alla riduzione dell’estrazione di petrolio greggio.
“L’utilizzo di poliestere riciclato riduce la nostra dipendenza dal petrolio come fonte di materie prime”, afferma il sito web del marchio outdoor Patagonia, noto soprattutto per la produzione di pile derivati bottiglie di plastica usate, scarti di produzione inutilizzabili e indumenti logori.
“Riduce gli scarti, prolungando così la vita delle discariche e riducendo le emissioni tossiche degli inceneritori. Aiuta anche a promuovere nuovi flussi di riciclaggio per gli indumenti in poliestere che non sono più indossabili”, aggiunge Patagonia.
“Poiché il poliestere rappresenta circa il 60% della produzione mondiale di PET – circa il doppio di quello utilizzato nelle bottiglie di plastica – lo sviluppo di una catena di approvvigionamento non vergine per la fibra di poliestere ha il potenziale per avere un impatto massiccio sui requisiti energetici e di risorse globali”, sostiene il marchio americano di abbigliamento Nau.
Tutte queste affermazioni sono vere ma ciò non vuole necessariamente dire che il poliestere riciclato sia un filato sostenibile.
Per prima cosa sarebbe veramente scorretto pensare che tutto ciò che viene prodotto possa essere riciclato. La parte riciclata di qualsiasi materia è in realtà e purtroppo una piccolissima parte a livello mondiale poiché ci sono paesi virtuosi ma anche paesi dove il riciclaggio in pratica non esiste (nel 2015 solo il 9% di tutta la plastica scartata è stata riciclata negli Stati Uniti).
Se i consumatori pensano che tutto ciò che si butta via possa essere riciclato, probabilmente non vedrà alcun problema nel continuare a consumare articoli di plastica usa e getta. Quindi sebbene le affermazioni precedenti siano vere in parte, sono fuorvianti ed in modo indiretto potrebbero portare ad una sottovalutazione delle problematiche legate alla produzione e all’uso di PET nei consumatori.
Il riciclo del poliestere ha comunque un impatto, come del resto tutte le attività umane, sull’ambiente. Il problema maggiore, riguardo al processo di riciclaggio del poliestere, è che i trucioli generati dal riciclaggio meccanico possono variare di colore con una conseguente difficoltà nella successiva tinteggiatura.
Questo aspetto comporta l’utilizzo di candeggianti a base di cloro altamente inquinanti oltre che alla necessità di dover ritinteggiare parte dei lotti più volte portando il processo ad emissioni più alte di inquinanti rilasciati nell’ambiente rispetto al poliestere vergine oltre che naturalmente ad utilizzi maggiori di acqua, di energia.
Non parliamo del fatto che il PET rilascia sostanze cancerogene come l’ammonio visto che non tutti gli studi sono concordi su questo argomento. Certo se il PET fosse riconosciuto come sostanza cancerogena avremmo un bel problema (pensiamo solo all’utilizzo di questo materiale nel mercato alimentare e nell’industria dell’acqua in bottiglia).
L’ossido di antimonio (un altro composto chimico dal nome simile) viene generalmente utilizzato come catalizzatore nel processo di produzione di bottiglie in PET e di filati in poliestere. Le agenzie sanitarie di tutto il mondo affermano che non c’è motivo di preoccuparsi, poiché le quantità presenti sono piccolissime per essere considerate tossiche ciò nonostante una sfida molto importante per ridurre gli impatti del poliestere riciclato sarebbe quello di riuscire a sostituire questo composto con qualcosa di meno tossico.
Ma il grande tema che accende il dibattito internazionale riguarda il calcolo delle emissioni in C02 del poliestere riciclato.
Questo tema è centrale e potrebbe essere applicato a tutte le valutazioni (LCA) che riguardano l’emissione in C02 di qualsiasi prodotto riciclato.
Infatti nel confronto tra poliestere vergine e poliestere riciclato l’impatto della produzione del poliestere vergine non viene inclusa nella valutazione ambientale complessiva delle fibre riciclate. Questa modalità di valutazione rende il poliestere riciclato un prodotto estremamente sostenibile con emissioni bassissime ma si tratta chiaramente di una forzatura perché senza poliestere e PET, e conseguenti impatti correlati, non si avrebbe il poliestere riciclato.
Alcuni studi affermano che il poliestere riciclato impedisca alla plastica di raggiungere l’oceano ma questa affermazione credo non abbia bisogno di essere smentita visto che la situazione degli oceani è evidente d ognuno di noi. In compenso possiamo affermare con certezza che il poliestere riciclato rilascia microplastiche ad ogni lavaggio esattamente come il poliestere vergine.
Tutti i più recenti studi sono unanimi nell’identificare nelle microplastiche il principale inquinante sia per diffusione che per gravità degli impatti sulla salute umana e animale.
Non importa quindi se i capi provengono da poliestere riciclato o vergine, entrambi contribuiscono all’inquinamento da microplastiche.
Coloro che hanno una visione meno celebrativa nei confronti del poliestere riciclato, chiedono che i marchi di moda e gli acquirenti siano incoraggiati a privilegiare il più possibile le fibre naturali come lana e cotone.
Questo è quello che facciamo noi, ma attenzione: non crediate che i filati naturali non abbiano impatti sull’ambiente!
Cardatura, filatura e tinteggiatura sono processi altamente energivori che richiedono grandi quantitativi di acqua e le tinteggiature (anche se prive di cloro per il fissaggio) sono comunque processi inquinanti che richiedono di essere monitorati con estrema attenzione.
Il cotone riciclato può essere considerato una soluzione sostenibile, poiché riduce la necessità di coltivare cotone vergine e quindi riduce l'impatto ambientale dell'industria tessile. Inoltre, il cotone riciclato evita che i tessuti usati finiscano in discarica, contribuendo alla riduzione dei rifiuti e del consumo di risorse.
Il processo di riciclaggio del cotone però non è esente da impatti ambientali pesanti. Il processo di trasformazione del tessuto usato in fibra riciclata richiede energia, acqua e prodotti chimici altamente tossici. Inoltre, il cotone riciclato sembra essere di qualità inferiore rispetto al cotone vergine, il che potrebbe limitarne la possibilità di utilizzo in alcuni prodotti tessili.
In generale, il cotone riciclato potrebbe essere una soluzione sostenibile solamente se venisse prodotto in modo responsabile e se il processo di riciclaggio venisse gestito con attenzione per ridurre gli impatti ambientali. Tuttavia, la sostenibilità del cotone riciclato dipende anche dalle pratiche di produzione e dal sistema di gestione dei rifiuti che lo supportano. La sostenibilità della produzione del cotone riciclato sta nel fatto che la produzione avviene in paesi in via di sviluppo a costo bassissimo anche a causa dell’assenza di controlli sulla salute dei lavoratori e sulle emissioni in ambiente. Un maggiore controllo ed una maggiore attenzione all’ambiente, necessaria se il cotone venisse riciclato in Europa, lo renderebbero una scelta economicamente insostenibile.
E quindi cosa possiamo fare per orientarci in questa giungla di spietati marchi internazionali che ci spacciano prodotti fino a ieri inquinanti come la panacea per l’ambiente?
Che cosa possiamo fare per evitare di passare la nostra vita a studiare quale prodotto o quale processo sia più sostenibile di altri?
Ci sono molte organizzazioni indipendenti che valutano l'impatto ambientale e sociale delle aziende e dei loro prodotti, e queste informazioni possono essere utili per fare scelte informate. Eccone alcune:
Questo è sicuramente un modo ma … permetteteci di dubitare della totale trasparenza delle ONG e soprattutto della loro imparzialità (ho lavoro per più di dodici anni con molte ONG internazionali ).
Partiamo dal presupposto che: “business is business” e che quindi in un modo o in un altro ci sarà sempre la possibilità di influenzare i giudizi di chi ha bisogno di finanziamenti per sopravvivere. Quello che invece non sarà mai possibile e di influenzare il vostro giudizio personale a patto che accettiate di essere obiettivi e di “uscire dal sentiero tracciato”!
Quindi la cosa più importante è che i consumatori siano critici e facciano la propria ricerca prima di acquistare un qualsiasi prodotto.
La consapevolezza di quello che si sta per acquistare è alla base di una scelta sostenibile.
Premesso che la consapevolezza è alla base di ogni scelta sostenibile ecco che cosa potete fare.
Se informarsi è difficile, informarsi su tutto è impossibile anche perché i media propongono tutto e il contrario di tutto ed informarsi correttamente diventerebbe un lavoro a tempo pieno!
Costituire un GAS può essere una buona soluzione almeno per quanto riguarda gli acquisti comunitari di cibo e consumabili per la casa. In un GAS ( Grupo di Acquisto Solidale) ogni membro può concentrarsi solamente su di un prodotto o su di un processo identificando le offerte migliori di un determinato territorio ed occuparsi dell’acquisto per l’intero gruppo.
Sicuramente è più difficile immaginare di acquistare vestiti in gruppo a meno di fondare una comune o un kibbutz ma non è più tanto di moda.
E allora?
Ma soprattutto scegli prodotti fatti in Europa, oppure ancora meglio se fatti nel tuo paese, nella tua provincia, nella tua città, nel tuo quartiere, sul tuo pianerottolo …scegli il prodotto più vicino a te e questo per quattro motivi fondamentali:
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