Sciare senza perturbare. L’espressione sembra quasi suggerire un’assonanza senza senso, ma in realtà si tratta dell’ultimo e veramente significativo trend legato al mondo dello scialpinismo e del freeride. Più che un trend, forse, è addirittura la soluzione ad un problema che in pochi si sono posti ma al quale è decisamente importante saper porre rimedio.
Molto spesso, quando la neve è fresca o quando in quota soffia un discreto vento, lo sciatore tende a restare in prossimità del bosco, perché potenzialmente c'è meno rischio in termini di valanghe ed è migliore anche la visibilità. Ma il bosco è pure l’habitat e il rifugio di moltissime specie animali. Ecco allora che la frequentazione di questi spazi diventa una questione di convivenza: quella fra la fauna del territorio e lo sciatore che rischia di perturbarne il quieto vivere.
L’inverno è un momento delicato per la fauna selvatica, che cerca ripari in cui ritirarsi durante la stagione, andando “a caccia” di pendii ripidi e soleggiati o di versanti esposti al vento, laddove dunque la neve ha difficoltà a rimanere depositata creando accumuli significativi. Praticare sport invernali in questi habitat comporta un rischio: quello di spaventare la fauna inducendone la fuga. Una fuga spesso ostacolata dalla neve, che comporta un forte dispendio energetico per l’animale, condizione estremamente negativa in una stagione in cui è essenziale saper conservare le proprie riserve.
Nel 2021, in Val di Fiemme, un esemplare di cervo rimase a tal proposito incastrato fra i rami di un albero, dove morì ferito, in seguito alla propria stessa fuga, indotta probabilmente da un gruppo di escursionisti imprudenti.
Il problema si fa pregnante soprattutto durante le mezze stagioni: quei periodi dell’anno che delimitano temporalmente l’inverno, durante i quali la neve è ancora presente ma i movimenti della fauna selvatica si fanno più frequenti, sia per prepararsi alla stagione che – soprattutto – per uscirne.
Perché è proprio con l’arrivo della primavera che si rischia di disturbare in maniera più massiva la fauna.
Per gli animali selvatici vale infatti la seguente regola: chi sa risparmiare le proprie energie, riesce a superare anche i freddi inverni di montagna, lunghi e carichi di neve. Nel corso dell‘evoluzione, gli animali si sono adattati al proprio habitat naturale. Tuttavia, in inverno, le condizioni ambientali sono particolarmente difficili. La folta pelliccia invernale e lo strato adiposo accumulato durante i mesi estivi garantiscono un’ottima protezione isolante, in modo tale che la perdita termica risulti minima.
Per tutti gli animali è bene, in ogni caso, muoversi il meno possibile, al fine di risparmiare energia e le proprie riserve di grasso. Ma tutto ciò spesso non basta.
Nelle giornate particolarmente rigide e soprattutto verso la fine dell’inverno cervi, camosci e stambecchi riducono la frequenza cardiaca e la temperatura corporea diventando freddi e rigidi quasi come gli animali che svernano in letargo. Una fuga in queste condizioni può mettere seriamente a repentaglio la loro vita.
Se l’inverno è particolarmente lungo o in primavera si hanno una o più recrudescenze di freddo, gli animali sono costretti ad affrontare condizioni particolarmente difficili. Le loro riserve di energia sono ormai esaurite e non hanno modo di reintegrarle per poter resistere più facilmente alle basse temperature. Ecco perché in questo periodo si registrano purtroppo le maggiori perdite.
La guida alpina di Chamonix Vivian Bruchez si dedica al tema ormai da qualche anno, girando anche un utilissimo video didattico in collaborazione con il comprensorio sciistico del Monte Bianco e l’ufficio turistico di Chamonix-Mont-Blanc.
Il concetto è molto semplice: quali comportamenti occorre adottare affinché l’impatto dello sciatore disturbi il meno possibile la fauna selvatica in inverno?
Per rispondere a tale domanda, Bruchez è stato accompagnato in alcune uscite sul territorio da Daniel Rodrigues – biologo, fotografo e accompagnatore di media montagna – sciando a tutte le altitudini che la zona del Monte Bianco permetteva e studiando il modo in cui le specie che ne popolano i boschi vivono e si adattano al proprio habitat invernale.
Seguendo itinerari di salita abituali siamo certi di non creare un grave disagio agli animali selvatici – spiega Bruchez – perché l’incedere lento e tranquillo dello sci alpinista avvisa per tempo gli animali, permettendo loro di rimanere immobili, nascosti nei loro rifugi, o di allontanarsi pian piano
La discesa anche di un solo sci alpinista, invece, può rappresentare un disturbo notevole, «perché gli animali – prosegue Bruchez – non sono in grado di prevedere e calcolare un avvicinamento veloce dall’alto e questo li costringe ad una fuga precipitosa».
Durante la discesa, inoltre, gli scialpinisti occupano un’area molto più vasta rispetto alla salita.
«Ed è soltanto seguendo il principio dell’imbuto – continua Bruchez – che possiamo limitare l’effetto di disturbo».
Il paradigma è semplice: seguire il “principio dell’imbuto” significa limitare quanto più possibile il raggio d’azione e attraversare la zona approcciando il tragitto più breve.
Tale regola implica anche tutta una serie di accortezze, come evitare le zone rocciose libere dalla neve sui pendii innevati sopra il limite dei boschi: si tratta infatti di luoghi prescelti da moltissimi animali – tra cui la pernice bianca – per svernare.
Occorre poi tenere presente come il margine del bosco sia un luogo di ritiro particolarmente importante per gli animali selvatici.
«È bene perciò seguire esclusivamente gli itinerari sci alpinistici e le strade forestali – raccomanda Bruchez - oppure attraversare le radure aperte. In questo modo il nostro comportamento sarà prevedibile e gli animali non avranno necessità di fuggire».
L’obiettivo ultimo è infatti, come già detto, evitare di indurre gli animali a fughe kamikaze, capaci seriamente di ferirli a morte.
«Purtroppo, nei frequentatori della montagna, accade spesso che la curiosità e il desiderio di vedere un animale selvatico prevalga sul rispetto che proprio l’animale selvatico esige. – conclude Bruchez – L’educazione e l’informazione sono a tal proposito estremamente importanti: noi guide abbiamo una responsabilità notevole a riguardo, che diventerà sempre più cruciale con il costante aumento di praticanti cui stiamo assistendo negli ultimi anni».
n.d.r. REGOLE DI INGAGGIO
Come sempre non appena iniziamo a fare qualcosa “in massa”, gli impatti diventano irrimediabilmente insostenibili, e questa regola possiamo applicarla a qualsiasi attività umana ludica e non.
In attesa di futuri divieti di praticare lo scialpinismo nei parchi naturali che non tarderanno ad arrivare ragioniamo su cosa ognuno di noi può fare per limitare il proprio impatto in montagna.
Ovviamente non ci rivolgiamo solo agli sciatori alpinisti ma a tutti i frequentatori della montagna in inverno. Sicuramente la discesa silenziosa di uno sciatore alpinista può cogliere di sorpresa un animale ma un orda di ciaspolatori che si muove in modo disordinato calpestando tutto il bosco è sicuramente più nociva. E allora, maledetti disturbatori di fauna … ecco le regole da seguire: sempre!
E’ una vita dura lo sappiamo, però cerchiamo di cercare prendere consapevolezza delle conseguenze dei nostri comportamenti e cerchiamo di ridurre gli impatti negativi causati dalle nostre attività. Questo potrebbe già essere uno splendido inizio.
Ah .. oviamente se fate scialpinismo dovete provare le nostre calze termiche per lo sci in lana merinos ed in particolare la SKIMO TECH e il sottocasco 100% lana merinos che è essenziale per salire con stile e fare delle inversioni da pro! Se invece siete dei ciaspolatori iniziate con l'imparare a non distruggere le tracce di salita degli sciatori e poi provate le calze trekking invernali in lana merinos termiche ed in particolare le ICE CLIMBING che vi cambieranno la vita!
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